Se il tuo vino è buono perchè non dovrebbe essere speciale?

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Fresca di visita al Vinitaly di Verona (che mi ha entusiasmato), completamente assorbita da nuovi progetti di comunicazione per aziende del settore, ho pensato di mettere nero su bianco una sintesi di quello che secondo la filosofia Eblu dovrebbe essere la concezione del marketing del vino.“Il vino” ovvero tutto il settore enogastronomico è una delle ricchezze culturali ed economiche del nostro paese che, oltre ad alimentare una ricca filiera, contribuisce a completare quell’immagine del “bel paese” che l’Italia dovrebbe essere: cultura, storia, buon vino, buon cibo, belle donne e voglia di vivere. Forse la realtà dei fatti non è proprio così idilliaca, ma le tante aziende che alimentano questo segmento si trovano davanti alla meravigliosa opportunità di farsi promotrici di valori davvero unici per il nostro paese.Come si fa il marketing del vino?Stiamo parlando di un mercato solido, maturo e pieno di tradizione. Negli ultimi anni il livello qualitativo medio si è alzato tantissimo e, così come nella maggior parte dei settori, la qualità non rappresenta più un elemento di distinzione.Mi confermano gli addetti ai lavori che è molto difficile ormai trovare vini “cattivi”. Mediamente le produzioni hanno un buon livello di base e la “battaglia” si gioca sul filo dell’eccellenza e delle tendenze del gusto.Ciò significa che la qualità deve essere considerata solo il punto di partenza e non di arrivo. Il mio vino deve essere buono, ma essere buono non basta.L’altra leva tipica del settore è la tradizione: si tende a utilizzare la tradizione e la storicità del marchio per promuovere le proprie produzioni, unite a valori “standard” della terra, del lavoro, della famiglia, del territorio.Anche questo orientamento lascia un po’ il tempo che trova: è qualcosa che più o meno tutti possono dire e, salvo che non abbiate una storia veramente, veramente notevole o particolare, anche in questo caso sarà percepito come qualcosa di abbastanza comune tra i vari produttori, anche più noti.E allora? Su cosa basiamo questo concetto di marketing del vino?Noi crediamo fermamente che siano due gli elementi che devono stare alla base di una strategia di marketing enologico vincente:Il primo elemento è la differenziazione.Bisogna capire perché la nostra azienda è diversa dalle altre. Cosa abbiamo di diverso da offrire e, soprattutto da comunicare? Quale mondo possiamo ricreare, quali atmosfere, sogni o desideri possiamo evocare per riempire di significato e inferenze le nostre etichette?Il secondo elemento è la relazione.E questo merita qualche spiegazione in più: da chi compriamo noi? Da chi conosciamo. Di chi ci fidiamo? Di chi conosciamo, di coloro che ci hanno mostrato o dimostrato la loro affidabilità e coerenza. Noi scegliamo ciò che ci è noto, che ci è familiare, che non è troppo nuovo. E oggi il marketing relazionale, che tramite il web e i social network è diventato l’unica vera forma di marketing efficace, ci consente di diventare affini, quotidiani con il nostro mercato.Prima di partire, quindi, a studiare la nostra strategia dovremo capire ed eventualmente creare dei criteri di differenziazione e delle piattaforme di relazione che ci consentano di fornire al nostro brand una community di seguaci (followers) che ci seguiranno e che giudicheranno e gusteranno il nostro prodotto ritrovandoci non solo la qualità, ma anche l’emozione che avremo saputo anticipare e preparare per loro.E dopo? Che si fa?Dopo si deve ragionare con la produzione i contenuti e la pianificazione di mezzi che tengano ben presenti i 4 gruppi di target principali che un’azienda vinicola dovrebbe curare:– i  consumatori finali, ovvero colui che dovrà portare (e gradire e testimoniare) il nostro vino sulla propria tavola, possibilmente ogni giorno– gli specialisti, ovvero quei consumatori speciali che sono riconosciuti come specialisti, che hanno la competenza di valutare il nostro prodotto in modo più specifico, e che  – in virtù della loro competenza – hanno il ruolo di “influencer” nel mercato, condizionando le scelte dei consumatori normali– i ristoratori, ovvero il secondo target di carattere professionale. Coloro che devono inserire i vostri vini nelle cantine dei propri ristoranti e, possibilmente, consigliarli ai propri avventori. A questi va fornita una storia, un’emozione che loro possano facilmente ritrasmettere e utilizzare per coinvolgere i propri clienti, diventando essi stessi testimonial e promotori del vostro marchio– i distributori, in particolar modo se decidete di esportare, i quali devono avere ben chiaro il lavoro che state facendo sui primi tre gruppi ed essere confortati del fatto che vanno a trattare un prodotto che presenta tutti i parametri di posizionamento di marketing più efficaci.Ma basta diventare “social”?No, diventare social non basta. I social media e il sito sono solo strumenti al servizio della nostra strategia e della nostra storia. Servono i contenuti sotto forma di idee innovative, di immagini evocative, di testi coinvolgenti e dopo serve la capacità di gestire i mezzi in modo da raggiungere nel modo giusto e nel momento giusto i 4 gruppi di target principali.Serve avere la costanza di costruire la cosiddetta “brand awareness” ovvero la conoscenza del marchio nella nostra nicchia di riferimento, conoscenza che deve essere accompagnata da quel corredo di emozioni e di sogno che serve per agganciare l’attenzione del mercato e diventare memorabili.E se è vero che i nostri sensi percepiscono gli stimoli e li elaborano a livello mentale e non solo fisico, ci accorgeremo presto che il nostro ottimo vino, se ben comunicato, sarà più buono.Che se ne parlerà di più. E che le attività di marketing avranno avuto successo.

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